Una coalizione di diverse fazioni islamiste, dai qaedisti del fronte Jubath al Nusra ai salifiti di Ahrar al Sham - ma che non vede la partecipazione dell'Is - ha lanciato un'offensiva in grande stila per strappare Aleppo, la seconda città siriana, alle forze di Bashar Assad, che ne controllano circa la metà. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani, che, benchè operi da Londra, è accreditato come la principale fonte su tutto quanto accade nel Paese.

In una dichiarazione la coalizione sostiene che l'obiettivo "è liberare la città di Aleppo" per assicurare che una volta caduta nelle mani vi venga imposta la severa legge coranica della sharia Il grosso degli scontri si sta concentrando aullla linea del fronte a Jamiyat al-Zahra, dove le truppe di Damasco sono sotto pesante attacco, e che ospita i maggiori complessi delle forze di sicurezza siriane.

Dal 2012 gli islamisti controllano la parte orientale della città, ormai ridotta dopo oltre 4 ani di guerra, ad un cumulo di macerie con l sue antiche bellezze ridotte in polvere.

Finora si contano 8 civili uccisi e almeno 70 feriti con decine di vittime tra le truppe siriane. Lo scorso mese i soldati di Damasco erano riusciti a respingere un assalto di un'altra coalizione anti-Assad incluso il cosiddetto Libero Esercito Siriano, sostenuto dagli occidentali, nel quartiere di Rashidin.

La caduta del principale crocevia economico siriano rappresenterebbe un durissimo colpo per Assad, che perderebbe altro terreno, limitandosi a quel punto a controllare la striscia di territorio che da nord di Damasco raggiunge sulla costa mediterranea Latakya, la sua città natale. Regione ribattezzata dagli analisti Aluistan, dal nome della setta semi-eretica sciita degli alauiti cui appartiene la famiglia Assad.

Questo approfondirebbe la, già in atto da tempo, polverizzazione della Siria nella zona occidentale controllata in qualche modo dal regime di Damasco e il resto del Paese sotto il giogo di più fazioni islamiste.

Ucciso un dirigente dell'Is. Uno dei leader delllo Stato islamico (Is), il tunisino Tarik Awni al-Harzi, è morto in Siria durante un raid aereo della coalizione guidata dagli Usa. Lo ha annunciato il portavoce del Pentagono, Jeff Davis, in una nota.

Stando al comunicato, al-Harzi, sulla cui testa gli Stati Uniti avevano messo una taglia di tre milioni di dollari, è morto in un attacco avvenuto il 16 giugno vicino al confine con l'Iraq. La sua morte - ha precisato Davis - renderà più difficile per lo Stato islamico muovere armi e combattenti da e per l'Iraq e la Siria.

Al-Harzi, infatti, aveva fornito all'Is militanti con armi acquistate in Libia e ordigni esplosivi per autobombe e attacchi suicidi. Aveva anche aiutato alcuni combattenti europei ad arrivare in Siria attraverso la Turchia.

Il giorno precedente, in un altro raid americano vicino Mosul, in Iraq, era rimasto ucciso suo fratello Ali Awni al-Harzi. Il miliziano era coinvolto nell'attentato del settembre 2012 contro il consolato americano a Bengasi nel quale morirono quattro cittadini americani, tra cui l'allora ambasciatore statunitense in Libia, Christopher Stevens.