時事イタリア語

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ウクライナで新たな地方分権法を採択。暴力的な抗議デモで死者。ウクライナはカオスになるか

  死者、負傷者、流血、催涙ガスと爆発物の煙。ウクライナの首都キエフから新たな暴力の映像が送られてきた。これまでウクライナが誇りにしてきたもの、すなわちかなり安定した一貫性のある政治的な指導力のある政権というイメージが崩壊する恐れがある。議会の窓の下で行われた抗議デモは暴動になった。投石が行われ、棍棒で殴打され、催涙ガスが使われ、警察官の隊列で爆弾が爆発した。ウクライナのアルセン・アヴァコフ内務大臣によると負傷者は50名以上であり、榴弾銃で1名の兵士が殺された。送られた映像からみるかぎり、多数の人々が重傷を負っており、その中にはウクライナと西洋のジャーナリストたちも含まれている。
 この抗議活動は、議会で地方分権を認める法案が裁決されている間に行われたものである。この法律は、ミンスク合意の後に行き詰まっていた和平交渉を進展させるために、ウクライナのすべての地域にさらに自立的な権利を認めるものである。休戦協定が締結されているものの、親ロシア地域であるドンバス地域に、国内でどれほどの自立を認めるかという中心的な問題が解決されていないために、あまり休戦は守られていない。
 分離派は、秋に地方選挙を実施することを決めているが、ウクライナ政府はこの選挙がウクライナの法律に従って実施されることを求めている(これによってロシアとの連合を主張する分離派が勝利を収める可能性が低くなる)。先週、フランスのオランド大統領とドイツのメルケル首相がベルリンでポロシェンコ大統領と会談している。さらに2ケ月間沈黙していたロシアのプーチン大統領も、電話で会談に参加した。これは妥協案がまとまる可能性を示唆するものである。

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Assalto dei nazionalisti al Parlamento di Kiev, l’Ucraina rischia di precipitare nel caos

Almeno un poliziotto è morto, decine di feriti mentre la Rada votava la nuova legge sulla decentralizzazione che concede maggior autonomia al Donbass filorusso
 
 Morti, feriti, sangue, fumo di lacrimogeni e di esplosioni: da Kiev arrivano di nuovo immagini di violenza, che minaccia di far saltare l’unica cosa di cui l’Ucraina poteva finora vantarsi: una leadership politica relativamente stabile e coesa. Una manifestazione di protesta sotto le finestre della Rada è sfociata in disordini violenti, tra pietrate, manganellate, lacrimogeni e infine lo scoppio di una bomba che ha fatto strage tra il cordone delle forze dell’ordine. Il ministro dell’Interno Arsen Avakov parla di almeno 50 feriti, e di un soldato ucciso da una scheggia, e dalle immagini si vedono numerosi feriti gravi, tra cui anche diversi giornalisti ucraini e occidentali. 

 

L’AUTONOMIA DEL DONBASS  

La protesta è scoppiata mentre nell’aula del Parlamento veniva votata la legge sulla decentralizzazione, che dovrebbe dare maggiore autonomia a tutte le regioni ma soprattutto far uscire dal vicolo cieco il processo di pace di Minsk. La tregua resta fragile in attesa di sciogliere il nodo principale, il grado di autonomia che il Donbass filorusso avrà all’interno dell’Ucraina. I separatisti hanno indetto elezioni locali in autunno che dovrebbero ulteriormente legittimarli, Kiev insiste perché il voto si svolga secondo le leggi ucraine (quindi riducendo la possibilità per i fedelissimi di Mosca di garantirsi la vittoria). La settimana scorsa Francois Hollande e Angela Merkel hanno incontrato il leader di Kiev Petro Poroshenko a Berlino, e poi hanno telefonato insieme a Vladimir Putin dopo un silenzio di due mesi: segnale di un probabile compromesso raggiunto.  

 

  

 

IL VOTO BIPARTISAN  

Il primo passo doveva essere proprio il voto della Rada, che lasciando a futuri negoziati il dettaglio della “decentralizzazione”, stabiliva però il suo inserimento nella Costituzione, come chiedeva Mosca. Il voto ha registrato 265 “sì” su 368 presenti in aula, e ha segnato un’insolita convergenza bipartisan tra il partito di Poroshenko, altre forze minori e il “Blocco d’opposizione”, quel che resta del Partito delle regioni dell’ex presidente Yanukovich, rovesciato dal Maidan e ora rifugiato il Russia. Contro hanno votato la Batkivshina della ex premier Yulia Timoshenko, il Partito radicale di Lyashko e altri deputati, sostenuti dalla piazza nazionalista che gridava al “tradimento” e chiedeva di non fare nessuna concessione, vera o percepita tale, a Putin. Ordinaria amministrazione, se non fosse che lo scambio di insulti e pietre con il cordone della Guardia nazionale è diventato una carneficina con l’esplosione della bomba. 

 

 
  

ACCUSE INCROCIATE  

Come consuetudine, le parti ora si scambiano accuse e denunce di complotto. I nazionalisti – essenzialmente militanti del partito nazionalista Svoboda – sostengono che la bomba non era loro, e parlano di provocazione, il ministro Avakov (che ha annunciato la cattura dell’uomo che ha lanciato la bomba, armato di altri ordigni) li accusa di essere i veri «traditori», e tutti sospettano provocazioni, complotti di Mosca e trame nascoste, con Dmitry Yarosh, il leader del “Pravy Sector”, la falange nazionalista presentata dal Cremlino come la fonte di tutti i mali ucraini, che condanna gli scontri e accusa dell’accaduto i servizi segreti russi. Il presidente Poroshenko sta preparando un appello alla nazione, mentre sulle strade è tornata la calma. Ma il problema resta.  

  

GLI ESTREMISTI DI MAIDAN  

In un paese in guerra da più di un anno (i reduci dal fronte del Donbass erano oggi da entrambi i lati della barricata) la violenza politica perde i connonati del tabù, e Poroshenko, animale totalmente politico nonostante la mimetica che sfoggia senza troppa disinvoltura, è stato molto cauto a promuovere il suo compromesso con i separatisti proprio temendo una reazione del genere. Per tutto il primo anno del suo governo ha cercato di cooptare i leader meno radicali della coalizione del Maidan e di emarginare quelle estreme, ma in un paese tradizionalmente anarchico, pieno di armi, di rabbia e di centri di potere alternativi tra oligarchi e clan burocratici, il compromesso finale con Mosca metterebbe a dura prova la resistenza del suo sistema di governo. Kiev non può vincere una guerra con i russi, e lo sa: il campo di battaglia di Poroshenko è nel negoziato, in un equilibrio sottile e spesso poco visibile di dare e avere con le varie forze in campo, i separatisti, l’opinione pubblica, le schegge impazzite dei combattenti, e ovviamente Putin. Sarà questa sua abilità nel dosare bastone e carota a determinare se gli scontri sotto la Rada verranno archiviati come episodio violento ma minore, magari anche utile a screditare e arginare i radicali, o se saranno l’inizio di un nuovo braccio di ferro a Kiev, che trasformerà l’Ucraina in quel “stato fallito” che molti a Mosca profetizzano da tempo.