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シリア問題を解決する三つの道と、その失敗--ヨーロッパへの難民の急増の原因を考える

   「戦争をやめさせてくれ、そうしたらぼくたちはヨーロッパに来ないから」。この13歳のシリア人の少年が、ブタペストの駅でハンガリーの警官に語ったこの言葉は核心をついている。EUと西洋諸国は、2011年3月に始まったシリアの内紛を終わらせるために、何をすることができるのだろうか。この内戦によってすでに24万人が死亡し、400万人の難民が国外に逃亡し、国内の難民も700万人に達しており、物質的な被害も甚大である。この内戦のためにシリアからヨーロッパを少なくとも25万人の難民が訪れており、その数はさらに増えようとしている。

 このシリアの内戦を終了させるか、少なくとも抑えるために採用することのできる方法は三つある。軍事的な手段によるか、外交的な妥協によるか、人道的な援助によるかの三つの道である。しかし国際世界はこのどの道でもほとんど成功を収めていない。世界が採用しているのは、政治的な優柔不断、戦略的な対立、財政的な資金の欠如が混ざりあった方式であり、これによって可能な解決策を推進することも、地上軍を派遣することも、アサド後の政権に移行することも、緊急援助計画を調和させることもできないでいるのである。この記事ではこれらの三つの道がどのように失敗に終わっているかを分析してみよう。

■第一の道 空襲では不十分だが、地上軍を派遣しようとする国もない
 軍事的な介入が成功を収めるためには、現在少なくとも5000にも分裂した軍事グループとの戦闘を実行する必要がある。これらのグループは4つの主要なグループに分類できる。アサド体制の軍、イスラム国、イスラム同盟「征服軍」、解放軍である。アメリカ合衆国が主導する有志同盟軍は、1年前からイスラム国の兵士たちを攻撃する空爆を実行しており、これが内戦を終了させる最善の戦略であると主張している。しかしワシントンの「ブルッキングズ研究所」の戦略専門家であるMichael O’Hanlon氏は、これが「地上軍を延命させる」ことに役だっていると指摘している。
 イスラム国とテロリストグループの兵士たちを追い詰めて排除するために、「2000人から3000人の兵士」で構成された「急襲部隊」型の特別部隊の軍を地上部隊として派遣したならば有効だろう。「しかし問題なのは、オバマ政権イスラム国を絶滅させることが、アメリカ合衆国国益に適うとは考えておらず、そのために地上軍を派遣することは想定されていない」と、外交評議会のアラブ問題の専門家であるMax Boot氏は説明している。イギリス軍の元参謀本部長のRichard Dannatt氏も、「少なくとも5000人の部隊」を派遣することが望ましいと主張しているが、イギリスのキャメロン首相はこの策に耳を傾けようとはしていない。アメリカにもヨーロッパにも、地上軍による介入を進めようとする指導者はいないのである。2011年までアメリカ合衆国国防総省の高官をつとめていたRosa Brooks氏は、「こうした状況では、われわれが空襲を続けても、コソボNATOの空襲がはたしたのと同じ役割をはたすことになるだろう。われわれの兵士の命は守れるが、市民の命は守れないのである」と説明している。
 ヨーロッパがこのようにシリアの内戦を終結させるために兵士を派遣する意志がないために、残る方法はこの地域の諸国が兵士を派遣することだけである。ヨルダンのアブドラー国王は、「それを実行するのはわれわれの責任である」と繰り返し語っているし、サウジアラビア外務大臣も「地上軍」の派遣について口にしているが、これらのすべては机上の空論にとどまっている。シリアに兵士を派遣している唯一の国はイランであるが、イランのアル=ゴドス軍はアサド政権を支援しているのである。これは内戦を長引かせる役割しかはたしていない。

■第二の道-移行政府が必要であることは認めるが、アサド大統領の処置については指導者の間に合意がえられていない
 外交的な解決策は、移行政府の樹立を目指すものである。移行政府が必要であることに関しては、ロシアやアサド政権を擁護するイランなどの諸国も、反乱軍を支援するアメリカ合衆国、ヨーロッパ諸国、サウジアラビアカタール、トルコなどの諸国も、意見が一致しているのである。しかし同時に完全な意見の対立も存在している。というのも、ヨーロッパが移行関係評議会Julien Barnes-Dacey氏が要約しているように、「アサド大統領の運命が鍵である」からである。
 ロシアとイランは、アサド大統領が移行政府の権力を握ることを望んでいるが、その他のすべての諸国はアサド大統領の退位を求めている。カーネギー基金のJoseph Bahout氏が説明しているように、ロシアとイランが「現在は外交的な試みを支持している唯一の国である」のはそのためである。しかし現在のアサド政権をこのような形で延命される策をアメリカ合衆国、トルコ、サウジアラビアに受け入れさせようとする試みは「失敗に終わらざるをえない」。というのも「シリアという国はもはや存在しておらず」、シリアの国土の半分以上が現在はイスラム国が占領しているからである。
 アサド大統領の運命というこの「鍵」の背後には、この地域の二つの大国の対立関係が潜んでいる。イランはアサド大統領を延命させることが、バクダッドからベイルートにいたる地域を軍事的な支配するために必要であると考えている一方で、サウジアラビアはまさに敵であるイランがこうした戦略を実行することを阻止することを望んでいるからである。
 しかしこれですべてではない。ロンドンの国際戦略研究所Emile Hokayem氏は、「現在ではシリアにいる現地の軍事組織は、地域の大国よりもかなり強い影響力を交渉している。シリアの危機に影響を与えることのできるのは地上での戦闘であり、これらの軍事組織だけが、こうした地上での唯一の戦闘員だからである」と説明している。またジョンホプキンス大学の国際研究院のDaniel Serwer氏は、「現地の軍の組織が5000以上にも細分化されている状態では、どの組織もそれほど大きな力をもてない。反対派は分裂しており、しかも外国からきたイスラーム過激派は、どのような合意も阻止するだろう」と説明している。大国であろうと、アサド後の体制については、現地の軍隊の発言を無視することはできないのである

■人道的な救助の失敗が、ヨーロッパへの難民の流れを生み出している
 軍事的な解決策も外向的な妥協もこのように実行が困難であることから、戦争に巻き込まれた市民を救う手段として、人道的な援助が緊急に必要とされている。これが暴力の影響を阻止するために役立つことが期待されるのであるが、シリアとその近隣諸国で起きていることは、これまで採用されてきたこうした援助は効率的ではないことを示している。国連人道問題調整事務所(OCHA)によると、シリアの国民1700万人のうち、1200万人が援助を必要としており、760万人が国内で難民になっており、410万人が国外に逃れている。国連の援助計画では30億ドルの援助資金を諸国から受け取っているが、これまでその3分の1しか支出していない。資金だけではなく、援助方法も欠如している。占領ゾーンの住民たちに食物を輸送する国連の自動車部隊を見掛けることはごくまれであり、そのために援助がますます緊急に必要になり、国外に難民として逃げ出す人々も増えている。
 さらに近隣の諸国の政策も大きな役割をはたしている。ヨルダンはシリアの難民63万人を受け入れているが(人口の9%に相当する)、1年前から国境を閉鎖している。ザータリとアズラクの難民キャンプが、シリアの競合する軍事グループの間の復讐戦争の場になることを恐れているからである。レバノンでは、120万人の難民をうけ入れているか(人口の26%に相当する)、1月から難民にビザを要求するシステムを採用したために、多くのシリア人が入国できなくなっている。
 こうして内戦から逃れる難民が入れる国は、トルコだけとなった。トルコはすでに180万人の難民を受け入れており、その10%は南部の難民キャンプに収容している。そのためのすでに60億ドルの費用を支出しており、国際世界からはわずか3億ドルの資金しか受け取っていないのである。
 レバノンとヨルダンも資金に欠如している。欧州委員会のジャン=クロード・ユンケル委員長は、「われわれはヨルダンとレバノンに70億ユーロを提供すると約束した。しかし30億ユーロ未満しかまだ提供していない」と認めている。国連のシリアに関する独立国際調査委員会のパウロ・ピンヘイロ委員長は次のようにまとめている。「ヨーロッパに移民が大量に逃げ出していることの原因は、難民たちを保護し、救助するための試みが失敗したことにある」。

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L’Occidente e le tre vie per fermare la guerra in Siria

Soluzione militare, compromesso diplomatico o aiuti umanitari: finora scarsi i risultati raggiunti
AFP

Aleppo è diventata ormai il simbolo di questi quattro anni di guerra in Siria

 
 
 

«Fermate la guerra e non verremo in Europa». Le parole del bambino tredicenne siriano ai poliziotti ungheresi nella stazione di Budapest pongono il legittimo interrogativo su cosa l’Unione europea e l’Occidente potrebbero fare per porre termine al conflitto nella Repubblica di Siria, iniziato nel marzo 2011, che ha già causato 240 mila vittime, 4 milioni di profughi all’estero, 7 milioni di profughi interni ed immani distruzioni materiali, proiettando verso il Vecchio Continente almeno 250 mila disperati che minacciano di moltiplicarsi. 

 

Le opzioni a disposizione per risolvere o quantomeno arginare la guerra civile sono tre: soluzione militare, compromesso diplomatico e aiuti umanitari. Su ognuno di questi fronti la comunità internazionale agisce al momento con risultati assai scarsi facendo emergere una miscela di titubanze politiche, rivalità strategiche e carenze di impegno finanziario che rendono impossibile perseguire le soluzioni possibili ovvero l’invio di contingenti di terra, un accordo sulla transizione dopo-Assad oppure un vasto e ben coordinato piano di aiuti di emergenza. Questa pagina spiega perché le soluzioni possibili per la Siria restano ancora troppo lontane. 

 

Raid aerei insufficienti: nessuno vuole mandare le truppe di terra  

L’intervento armato per avere successo deve portare alla fine dei combattimenti che al momento vedono impegnati circa 5000 diversi gruppi militari inclusi quattro attori principali: il regime di Bashar Assad, lo Stato Islamico (Isis), la coalizione islamica «Esercito della Conquista» e l’Esercito di liberazione. La coalizione internazionale, guidata dagli Usa, da un anno effettua raid aerei contro i jihadisti di Isis ritenendo che sia la soluzione tattica migliore per arrivare alla fine del conflitto. Ma Michael O’Hanlon, esperto di strategia della «Brookings Institution» di Washington, afferma che «servono le truppe di terra» per prevalere. Immagina un contingente di truppe speciali «di 2000-3000 uomini» in «azioni tipo blitzkrieg» per dare la caccia ed eliminare ovunque a cellule jihadiste e terroristi. «Ma il problema è che Obama non vede la sconfitta di Isis come un interesse nazionale - spiega Max Boot, arabista del Council on Foreign Relations - e di conseguenza l’invio di truppe di terra non è ipotizzato». Anche Richard Dannatt, ex capo di Stato Maggiore delle forze britanniche, è a favore dell’invio di «almeno 5000 uomini» ma il premier Cameron non gli dà ascolto perché non solo in America ma neanche in Europa c’è un leader pronto a guidare un intervento di terra. «In tale situazione continueremo i raid dall’aria – osserva Rosa Brooks, alto funzionario del Pentagono fino al 2011 – ma avrà lo stesso effetto dell’intervento Nato in Kosovo, salvando la vita dei nostri soldati senza fermare le stragi di civili». Poiché l’Occidente non vuole mandare i soldati per porre fine alla guerra civile, l’altra ipotesi è che a farlo siano i Paesi della regione. Il re giordano Abdullah ha detto più volte «tocca a noi farlo» e il ministro degli Esteri saudita ha parlato di «truppe di terra» ma tutto è rimasto sulla carta. L’unica nazione con soldati in Siria è l’Iran: la Forza Al Qods sorregge Assad. Ma ciò non fa altro che prolungare la guerra.  

 

 
 

 

Sì al governo di unità ma sul destino di Assad non c’è intesa fra i leader  

La soluzione diplomatica può passare attraverso la formazione di un governo di transizione. Su questo punto c’è convergenza fra la Russia, protettrice con l’Iran del regime di Damasco, e i Paesi che sostengono i diversi gruppi ribelli: Usa, europei, Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Ma su tutto il resto il disaccordo è totale perché, come riassume Julien Barnes-Dacey dell’Europea Council of Foreign Relations, «il nodo è la sorte di Bashar Assad». Mosca e Teheran vogliono farlo rimanere al potere, tutti gli altri ne perseguono il rovesciamento. Ciò spiega perché Russia e Iran «siamo in questo momento le uniche protagoniste di tentativi diplomatici» come osserva Joseph Bahout della Fondazione Carnegie, facendo notare però che i tentativi di far accettare ad Ankara, Riad, Washington e Bruxelles qualsiasi tipo di sopravvivenza o prolungamento del regime «sono destinati al fallimento» perché «oramai la Siria non esiste più» con metà del territorio nelle mani del Califfato di Isis. Il nodo Assad cela il duello fra potenze regionali: Teheran lo ritiene indispensabile per garantire la propria egemonia nell’arco geografico da Baghdad a Beirut mentre Riad lo vuole abbattere per impedire proprio l’avversarsi di tale progetto strategico. Ma non è tutto perché, aggiunge Emile Hokayem arabista dellInternational Institute for Strategic Studies di Londra, «oramai in Siria le fazioni armate locali sono assai più influenti delle potenze regionali, in quanto sono i singoli combattimenti sul terreno ad influenzare la dinamica della crisi». Daniel Serwer, politologo della Johns Hopkins School of Advanced International Studies aggiunge: «Con almeno 5000 gruppi armati combattenti in lotta fra loro si può fare ben poco, l’opposizione è frammentata e i Foreign Fighters jihadisti ostacolano ogni possibile accordo». Ovvero, anche se le maggiori potenze trovassero un’intesa sul dopo-Assad sarebbe assai difficile far tacere le armi. 

 

 
 

 

Il collasso dei soccorsi alimenta la fuga verso l’Europa  

La difficoltà di procedere verso soluzione militare o compromesso politico evidenzia l’urgenza degli aiuti umanitari per soccorrere i civili investiti dalla guerra: potrebbero consentire di arginare l’impatto delle violenze ma quanto avviene in Siria, e nei Paesi confinanti, dimostra l’inefficacia degli interventi adottati. Per l’Ufficio Onu sugli aiuti umanitari (Ocha) su 17 milioni di siriani 12 milioni hanno bisogno di aiuti, 7,6 sono profughi interni e 4,1 sono fuggiti all’estero. Per questa massa di disperati il «Piano di risposta strategica Onu» prevede circa 3 miliardi di dollari di cui i Paesi donatori però hanno versato solo un terzo. Oltre a mancare i fondi, c’è carenza di mezzi: i convogli Onu che portano cibo alle popolazioni nelle zone assediate - dai villaggi a città come Aleppo - sono rari, ciò aumenta l’emergenza e spinge a fuggire. A ciò si aggiunge quanto avviene nei Paesi vicini. La Giordania, che ospita 630mila profughi pari al 9 per cento della popolazione, ha chiuso le frontiere da un anno perché teme che i campi a Zaatari e Azraq divengano epicentro di faide fra gruppi siriani rivali. In Libano, dove i rifugiati sono 1,2 milioni pari al 26 per cento della popolazione, è stato introdotto da gennaio un regime di visti che ostacola molto gli arrivi. Ciò trasforma la Turchia nell’unica via di fuga rimasta dalla guerra. Ankara ospita 1,8 milioni di profughi, di cui il 10 per cento in campi nel Sud, e ha speso già 6 miliardi di dollari ricevendo dalla comunità internazionale appena 300 milioni di dollari. Beirut e Amman sono ancor più in affanno. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ammette: «Avevamo promesso a Giordania e Libano 7 miliardi di euro, ne abbiamo dati meno di tre». La conclusione è di Paulo Pinheiro, capo della commissione d’inchiesta Onu sulla Siria: «È il collasso dei tentativi di proteggere e soccorrere i rifugiati ad originare l’esodo di massa verso l’Europa».