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ロシア、トルコへの非難を強める。イスラム国が石油を運ぶ三つのルートを指摘

 

 ロシアが自国の戦闘機をトルコに撃墜されたことをうけてトルコに厳しい制裁措置を発表した翌日の2日に、ロシアはエルドアン大統領を激しく糾弾する声明を発表した。ロシアのアナトリ・アントノフ国防次官は激しい言葉で、トルコのエルドアン大統領がテロリスト集団のイスラム国と取引しているだけでなく、「その家族とともに」、シリアとイラクイスラム国が占領している地域で生産された石油の非合法な取引に関与していると非難した。これにたいして大統領は、「いかなる人にもトルコを中傷する権利はない」と声明し、ロシアの「過剰な反応」に対処すると約束した。

 

□息子と娘婿
 アントノフ次官は、エネルギー大臣であり、エルドアン大統領の娘婿であるベラト・フルバイラク氏と、息子のビラルがこれに関与していると非難している。息子のビラルは、公共事業と海洋輸送を専門とする会社Bmzを所有している。ただし次官は、この「犯罪ビジネス」において彼らがどのような責任を負っているのかは、明らかにしていない。
 さらにロシアの軍部は本日の記者会見でも、エルドアン大統領がこの取引に関与していることを疑問の余地なく示すようないかなる証拠も提示しなかった。ただしやがて事態を明らかにする証拠を示すと保証しており、多数の石油タンクローリーが(ロシアによると)トルコに向かっていることを示す衛星写真を発表した。

 

□ロシアの「スルタン」への非難
 ロシアがトルコの「スルタン」に向けたこの非難について、アメリカ合衆国は「ばかげている」と述べているが、こうした非難は今回が初めてではない。プーチン大統領はすでに2日前に、パリで開催されている国連の気候変動会議のついでに二国間協議を申し出たエルドアン大統領の提案を拒否した後に、これと同じことを述べていたのである。その際にプーチン大統領は、トルコのF-16機がシリア国境近くでロシアの戦闘機を撃墜したことの背後には、「イスラム国からトルコへの石油の違法な供給を維持しようとする」意志があるのではないかという「疑念」を表明していた。エルドアン大統領は本2日カタールからロシアの非難にふたたび応答したが、その内容は11月30日のものとほぼ同じだった。「ロシアがそれを証明できたら、わたしは辞任する。しかし彼らが非難していることを証明することはできないだろう」。

 

□三つのルート
 しかしロシアは激しい糾弾の言葉を浴びせつづけている。ロシアの軍部によると、トルコはイスラム国が「シリアとイラクから盗んだ石油の重要な消費者である」だけではなく、「この数週間のうちにも」イスラム国とヌスラ戦線のイスラーム過激派に、「兵士2000人、120トンの武器、250台の輸送車両」を供給しているという。
 ロシアはさらに石油がトルコに運びこまれている三つのルートを確認したと発表した。西側ルートは、トルコの地中海沿岸の都市に石油を運び、北側ルートはパトマにある石油精製施設に運び、南のルールはジャズ市にある大規模な拠点に石油を運んでいるという。
 アントノフ次官はそれだけではなく、「トルコ人のシニックな姿勢には限度がない」と指摘し、トルコ人は外国に入り込んで、やりたい放題に略奪していると非難している。そして「エルドアン大統領を含めて、トルコの指導者たちは、自分たちの顔が石油で塗れているにもかかわらず、辞任することも、それを認めることもないだろう」と語っている。

www.lastampa.it

Mosca accusa Erdogan: “Compra petrolio Isis

Il ministro della difesa russo: «Prove inconfutabili». E mostra le immagini satellitari. Replica del leader turco: «Solo calunnie». Il Pentagono frena: insunuazioni assurde
 

Le immagini mostrate durante un briefing militare: sarebbero la prova dei traffici turchi con l’Isis

 
 
 
 

All’indomani dell’introduzione di dure sanzioni contro la Turchia per l’abbattimento di un suo bombardiere, la Russia punta di nuovo il dito contro Erdogan rivolgendogli un’accusa che pesa come un macigno: quella di fare affari con i terroristi dellIsis e di essere coinvolto, assieme alla «sua famiglia», nel traffico illecito di petrolio dai territori occupati dai jihadisti in Siria e in Iraq. Parole dure quelle del vice ministro della Difesa russo, Anatoli Antonov, a cui il presidente turco ha risposto per le rime dichiarando che «nessuno può lanciare calunnie contro la Turchia» e promettendo di reagire alla «reazione spropositata» della Russia. 

 

IL FIGLIO E IL GENERO NEL MIRINO  

Antonov questa volta ha tirato in ballo il genero di Erdogan e neo ministro dell’Energia Berat Albayrak, e un figlio del leader turco, Bilal, che possiede una società specializzata in lavori pubblici e trasporti marittimi (la Bmz), ma non ha chiarito quali siano le loro presunte responsabilità in questo «business criminale». E del resto le autorità militari russe nell’incontro di oggi con la stampa non hanno neanche presentato prove schiaccianti che dimostrino senza alcun dubbio la colpevolezza di Erdogan. Hanno però assicurato che ulteriori dettagli saranno resi noti in seguito e hanno mostrato delle presunte immagini satellitari di immense colonne di autocisterne in viaggio - stando a Mosca - verso la Turchia. 

 

 
 

 

IL SULTANO: SE DIMOSTRANO LE ACCUSE, MI DIMETTO  

Le accuse che la Russia rivolge al “Sultano” - e che gli Stati Uniti bollano come «assurde» - non sono comunque del tutto nuove. Putin ha lanciato il primo siluro contro il leader di Ankara due giorni fa, dopo aver rifiutato l’invito di Erdogan a un bilaterale a margine del vertice sul clima a Parigi: abbiamo motivo di «sospettare», aveva detto Putin in quell’occasione, che dietro l’abbattimento di un jet militare russo da parte degli F-16 turchi nella zona di confine con la Siria ci sia la volontà «di assicurare le forniture illegali di petrolio dall’Isis alla Turchia». Dal Qatar, oggi Erdogan ha risposto al nuovo affondo russo in modo molto simile a come aveva già fatto lunedì: «Nel momento in cui potranno dimostrarlo - ha affermato - mi dimetterò, come dovrebbero fare quelli che non possono provare le loro accuse». 

 

LE TRE (PRESUNTE) ROTTE DEL GREGGIO  

Da Mosca però continuano a piovere duri rimproveri: secondo i vertici militari, non solo la Turchia è «il maggior consumatore del petrolio rubato» dai jihadisti «alla Siria e all’Iraq», ma da questo Paese, «solo nell’ultima settimana», hanno raggiunto i gruppi dellIsis e dei qaedisti di al Nusra «fino a 2.000 militanti, oltre 120 tonnellate di munizioni e circa 250 mezzi di trasporto». La Russia sostiene di aver individuato tre percorsi attraverso i quali il petrolio dellIsis giunge in Turchia: una rotta occidentale che porta agli scali marittimi turchi sul Mediterraneo, una rotta settentrionale che conduce alla raffineria di Patma, e una rotta orientale che porta a una grande base nella cittadina di Cizre. A rincarare la dose ci ha pensato Antonov: «Il cinismo della leadership turca non conosce limiti», ha tuonato il vice ministro della Difesa, accusando i turchi di essere «entrati in un paese straniero» e di «saccheggiarlo senza vergogna». Poi si è detto certo che «i leader turchi, Erdogan compreso, non si dimetteranno e non riconosceranno nulla neanche con la faccia imbrattata di petrolio». 

 

RIPARTE IL DIALOGO?  

Ma oltre ad abbattere la propria scure su Ankara, i vertici militari russi hanno approfittato dell’incontro con la stampa per fare un po’ di propaganda. Il vice capo di Stato maggiore russo, Serghiei Rudskoi, ha assicurato che i raid aerei russi in Siria iniziati poco più di due mesi fa hanno già dimezzato i proventi del traffico illegale di petrolio da parte dellIsis da tre milioni di dollari al giorno a 1,5, distruggendo «32 raffinerie di petrolio, 11 impianti petrolchimici, 23 complessi per il pompaggio del petrolio e 1.080 autocisterne». La guerra di parole tra Russia e Turchia insomma continua, sullo sfondo delle divergenze sul futuro politico della Siria e di Assad, ma se Putin si è rifiutato di parlare con Erdogan a Parigi, i ministri degli Esteri di Mosca e Ankara potrebbero invece incontrarsi domani o dopodomani a Belgrado, a margine della Conferenza ministeriale dell’Osce.